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“Maurizio dice” ovvero come NON dare feedback

L’altro giorno mi trovo a Roma e chiedo ospitalità a certi amici che hanno un ufficio in centro perché tra un appuntamento e l’altro mi serviva un posto col Wi-Fi dove lavorare.

Entro dalla porta del loro ufficio e noto subito che sono tutti in una conference call. Stanno parlando con un cliente che chiameremo Acme.

È un giorno cruciale, sia per l’agenzia, che per Acme. La prima release del sito è pronta per andare in online.

La chiamata serve per raccogliere gli ultimi feedback, poi si parte. Sul momento sento solo frammenti di una conversazione già in corso da qualche tempo.

Maurizio dice di spostare più in alto il menù, di qualche pixel.”

Mi colpisce immediatamente l’espressione. Ma non sono fatti miei, quindi apro il laptop e mi preparo a rispondere all’email. Però questa formula inizia a ripetersi, così inizio ad ascoltare attentamente la chiamata.

Maurizio dice che quel colore nei risultati della ricerca non gli piace, non si potrebbe provare un verde? A Maurizio il verde piace di più. Andiamo alla pagina dei contatti, Maurizio dice…

Avete capito: la formula per criticare e commentare e approvare il lavoro di designer, programmatori e strateghi è “Maurizio dice”. E questo la dice lunga sull’organizzazione di Acme Inc.

“Maurizio dice” significa che Acme Inc. è un’azienda gerarchica. E non c’è niente di male ad avere dei capi. Alla Acme il gioco della gerarchia però non lo hanno proprio capito bene. La persona che parla, lo chiameremo “Carlo”, lavora per “Maurizio” che è il suo capo.
Maurizio, finché il sito era un complicato grattacapo, ha delegato a Carlo la rogna. Ora che si tratta di decidere se e come andare online ha deciso di imporre le sue idee. Non sa niente del progetto, perché tutte le volte che Carlo glielo ha mostrato non se n’è interessato granché. Ora che però bisogna fare una presentazione alla presenza della stampa, si è deciso a dare il suo feedback.

“Maurizio dice” che il feedback si basa sul gusto personale e non su dati di fatto. Che a lui piace più in un modo e meno in un altro. “Maurizio dice” sostanzialmente che la scelta fatta dai suoi sottoposti, dall’agenzia che ha vinto la gara, dai professionisti che hanno realizzato la il sito sono inferiori al suo gusto personale.

“Maurizio dice” che il progetto deve avere la sua firma, deve essere una sua creatura. “Maurizio dice” che il suo ego conta più del successo della sua azienda. “Maurizio dice” che non è importante far ri-lavorare l’agenzia su cose che il suo staff aveva già deciso.

“Maurizio dice” e vista la sua posizione le sue parole diventano legge.

Maurizio è ovunque. Per alcuni di voi Maurizio è inevitabile, perché è il vostro capo. Per altri Maurizio è l’80% dei clienti. Per altri ancora Maurizio è quell’idiota parigrado che critichiamo tanto, ma poi ci comportiamo esattamente come lui.

Ma proviamo a sognare un Anti-Maurizio. Che caratteristiche avrebbe?

Chiariamo subito una cosa: un Anti-Maurizio ha delle idee, ha delle opinioni. Ha dei colori che gli piacciono di più. Ama più il giustificato, dell’allineato a sinistra. Però si tiene per sé il suo gusto personale.

Anti-Maurizio sa che quello che conta è mettersi nei panni del proprio pubblico. E un Anti-Maurizio conosce molto bene i soggetti per i quali viene realizzato il sito. Sa come ragionano, quali altri siti frequentano, cosa si aspettano dal suo nuovo prodotto. Li ha intervistati, ha lavorato con istituti di ricerca, è persino entrato nelle loro case.

Anti-Maurizio sa anche un’altra cosa: i feedback hanno sempre un perché. Il menu non si può fare verde e arancione perché il nostro pubblico è prevalentemente maschile e quindi più propenso al daltonismo. La home page deve avere una sola call to action perché altrimenti si riduce il tasso di conversione. I bottoni si devono allineare a destra perché in quella posizione hanno un tasso di clic maggiore.

Anti-Maurizio è coinvolto in tutto il processo, dall’inizio. Ad Anti-Maurizio non serve di avere il sito finito davanti e una presentazione domani per dare il proprio feedback.

Anti-Maurizio stima il lavoro degli specialisti che i suoi colleghi e sottoposti hanno scelto per realizzare il sito. Conosce il costo di continui rifacimenti e, quindi, è parco nei suoi feedback. Ha dato linee guida chiare e così gli specialisti hanno avuto vita facile e realizzato qualcosa che rientrava nella sua visione. Per questo Anti-Maurizio è amato dai suoi colleghi e dai fornitori, che sono sempre pronti a lavorare con lui e col suo team.

Anti-Maurizio non è un’utopia: è pieno di Anti-Maurizio. Ma raramente le aziende mettono gli Anti-Maurizio in posizioni di potere. Ho scritto questo articolo al maschile, ma le aziende ovviamente sono ricche di Maurizio e di Anti-Maurizio di sesso femminile. Gli Anti-Maurizio sono troppo empatici per arrivare al rango di manager. Almeno così pensano le organizzazioni tradizionali che tengono gli Anti-Maurizio nelle parti più basse della gerarchia aziendale.

Come si fa a liberarsi dei Maurizio? Come possiamo dare più potere agli Anti-Maurizio? La verità è che non lo so. In questo caso faccio il consulente che non porta a termine il lavoro: punta il dito, mostra il problema. La soluzione non la ha. Serve una nuova cultura dall’ufficio del personale al CEO? Di sicuro. Servono organizzazioni più funzionali e meno gerarchiche? Certo. C’è bisogno che fornitori e clienti imparino gli uni dagli altri? Non c’è dubbio. Serve tutto questo e molto di più.

Quando Maurizio dice, la sua azienda perde soldi. E per questo è urgente che Maurizio trovi un diverso ruolo in azienda, dove non può far danni.

Tutti gli innocenti che si chiamano Maurizio mi scuseranno per l’abuso del loro nome in questo articolo.

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